Mercoledì, 08 Marzo 2017 01:25

Reflex e filtri contro l'inquinamento luminoso

Published in Astrofototografia

 

L'inquinamento luminoso ovvero l'eccessiva e incontrollata illuminazione del cielo notturno è la grande piaga che affligge gli astrofili, in particolar modo quelli che, per varie ragioni, hanno solo di rado la possibilità di effettuare lunghi spostamenti notturni verso le zone buie, distanti dai grandi centri abitati. Per amore dell'astronomia ci si rassegna allora a osservare e magari anche a fotografare da casa, dal balcone o dal terrazzo, fortemente disturbati dall'illuminaziCielo urbano con inquinamento luminosoone cittadina, che inesorabilmente contaminerà i nostri scatti.

Gli Americani hanno fatto buon viso a cattivo gioco e hanno addirittura coniato il termine "urban astronomy" con tanto di articoli e libri sull'argomento, zeppi di suggerimenti e di tabelle su cosa si può arrivare a vedere dalle città.

Ma venendo a noi: esiste un modo per ridurre l'inquinamento luminoso nelle nostre foto? La risposta è sì, almeno in parte, grazie all'utilizzo di particolari filtri selettivi conosciuti come filtri nebulari o anti-inquinamento luminoso o ancora filtri a banda stretta o LPS (light pollution suppression).

Il concetto, dopotutto è semplice. Si parte dalla constatazione che gran parte dell'illuminazione pubblica odierna è effettuata da lampade al sodio, ad alta e bassa pressione - quelle gialle, per intenderci - o lampade ai vapori di mercurio - quelle bianche-bluastre. Tali lampade emettono un tipo di luce che non brilla sull'intero Spettro di emissione delle lampade al sodiospettro luminoso visibile ma solo in corrispondenza dei determinati elementi che le compongono. A questo punto è possibile filtrare la loro luce con dei filtri che fanno pas sare solo la "luce" degli oggetti astronomici, bloccando invece la luce artificiale. Purtroppo la questione non si risolve del tutto. Occorre infatti dire che solo una parte dell'illuminazione ha queste caratteristiche. Le vecchie lampadine ad incandescenza, ad esempio, brillano su tutto lo spettro e lo stesso fanno, purtroppo, le moderne lampade al risparmio energetico a luci led. Allo stesso modo, quando parliamo di oggetti astronomici, alcuni, come le nebulose, emettono luce solo in determinate bande dello spettro elettromagnetico, come ad esempio l'OIII (ossigeno III) o l'H-alfa (idrogeno-alfa). Altri oggetti deep-sky, però, come gli ammassi globulari e le galassie, emettono luce sull'intero spettro e, pertanto, anche una porzione della loro luce verrà filtrata con l'utilizzo di un filtro nebulare. I filtri nebulari esistono ormai da tantissimi anni ma prima erano limitati all'utilizzo in abbinamento al telescopio e pensati soprattutto per l'utilizzo visuale.

Da alcuni anni però ne è stata sviluppata una versione che può essere direttamente montata all'interno della cella delle fotocamere Canon (prima solo aps-c ora anche full-frame), grazie ad un ingegnoso sistema chiamato EOS-clip. Tolto l'obiettivo, con una rapida operazione, è possibile inserire il filtro subito dopo lo specchietto della fotocamera, per poi rimontare l'obiettivo. Occorre fare attenzione con le fotocamere a sensore ridotto. I filtri EOS-clip sono infatti utilizzabili solamente con obiettivi Filtro Astronomik Eos clipEF, adatti anche alle fotocamere full-frame e non con obiettivi EF-S. Il "prolungamento" posteriore andrebbe infatti a sbattere contro il filtro. Pertanto, acquistando un filtro contro l'inquinamento luminoso, occorre sempre verificare la compatibilità della fotocamera e degli obiettivi che andremo a utilizzare.

Esistono diverse case che producono questi filtri, in versione EOS-clip e tante tipologie di filtri diversi. Le marche più facilmente reperibili in Italia sono Astronomik (gli inventori del sistema), Hutech e  TS. In genere i filtri non sono reperibili nei comuni negozi di fotografia ma solo in quelli specializzati in astronomia.

Le tipologie sono numerose e varie, a seconda dello scopo per cui sono progettati. Quelli più comuni sono i filtri UHC (Ultra High Contrast) e CLS (city light suppression) ma vi sono anche filtri a bande strettissime come l'OIII e l'H-beta.

Se possediamo una comune fotocamera Canon commerciale e desideriamo soprattutto filtrare l'inquinamento luminoso, conviene soffermarsi sui primi due tipi di filtri. In particolar modo Astrononomik ne propone tre varianti a costi variabili tra i 100 e i 160 €: UHC, UHC-E e CLS. Ogni filtro ha una specifica banda passante più o meno ampia, per cui, prima dell'acquisto, conviene esaminare con calma le nostre necessità. Riporto qui di seguito i filtri della banda passante dei vari filtri Astronomik.

Filtri UHC, UHC-E e CLS a confronto

Confronto banda passante filtri UHC e CLSIl grafico a destra confronta le curve di trasmissione dei tre principali filtri contro l'inquinamento luminoso, rispettivamente l'Astronomik UHC, UHC-E e CLS. I grafici sono presi dal sito ufficiale del produttore. Sull'asse orizzontale è riportata la lunghezza d'onda in nanometri mentre sull'asse verticale è riportata la percentuale di luce trasmessa. La curva rossa indica la curva di trasmissione dei filtri mentre quella grigia è la sensibilità notturna alla luce dell'occhio umano. Le fotocamere in realtà riescono a vedere anche "un po'" delle frequenze invisibili all'occhio umano sebbene le comuni reflex commerciali siano dotate di serie di un filtro IR-Cut interno che taglia drasticamente l'infrarosso. Le barre verticali arancioni del grafico indicano le principali frequenze in cui emette l'illuminazione artificiale al sodio e al mercurio. In realtà, come visto nel grafico precedente tali lampade "illuminano" un po' anche in altre frequenze. Le barre verdi invece indicano le principali frequenze di emissione delle nebulose. In particolar modo in corrispondena dei 486 nm vi è l'H-Beta, a 495 e 500 nm l'O-III e a 656 nm l'H-Alfa. Di notte l'occhio umano è assolutamente cieco alle emissioni nella banda H-Alfa, tipiche delle nebulose.

Come si può vedere le curve di trasmissione ed i filtri sono molto simili ma l'UHC è quello con una banda passante più stretta mentre il CLS è quello più largo. L'effetto che hanno questi filtri è di aumentare il contrasto, riducendo il chiarore del fondo cielo dovuto a inquinamento luminoso e luminescenza naturale dell'aria e permettendo invece il passaggio della luce di origine cosmica (vedi anche foto più in basso). Il produttore consiglia di utilizzare il filtro UHC solo in abbinamento a telescopi di almeno 100 mm di diametro. Con teleobiettivi o telescopi minori infatti la luce filtrata renderebbe tutto troppo scuro. In abbinamento a obiettivi viene consigliato invece la variante UHC-E, il grafico di mezzo.

Costellazione di Orione con e senza filtroLa curva di trasmissione è un po' più ampia e questo permette più facilmente di individuare stelle e focheggiare e non richiede pose lunghissime per catturare i nostri oggetti celesti. L'UHC-E è consigliato per teleobiettivi e telescopi di piccoli diametro. Il filtro è anche più economico dell'UHC e, a differenza di questo, viene anche consigliato per la fotografia di comete in quanto fa passare anche la linea di emissione del carbonio, tipica di questi oggetti celesti. A detta del produttore questo filtro è utile anche nell'osservazione delle bande di Giove. Il filtro CLS è quello con una banda passante più ampia. La scelta del filtro più opportuno per i nostri scopi andrà sempre fatta in base alle nostre condizioni osservative, alla strumentazione e agli interessi. Fermo restando che l'UHC va preso in considerazione solo con l'uso di telescopi, la scelta tra UHC-E e CLS dipende da vari fattori. Osservando da una città molto inquinata probabilmente conviene optare per il primo. Utilizzandolo però per fotografare galassie, ammassi aperti e ammassi globulari, anche una porzione di questi oggetti ne risulterà filtrata, obbligando a esposizioni più lunghe, con tutte le complicazioni del caso. Il CLS, con la sua finestra maggiore è utile anche per gli oggetti deep-sky che brillano in tutto lo spettro ma rischia di soffrire maggiormente in caso di forte inquinamento luminoso. Se poi si hanno telescopi di grande diametro e l'interesse specifico è per le nebulose, si può anche prendere in considerazione un filtro molto selettivo a banda stretta, come l'O-III o l'H-Alfa. In questo caso però occorre anche valutare quanto possa essere conventiente in abbinamento ad una reflex commerciale. Il filtro infrarosso di serie infatti taglierà comunque gran parte della luce rossa, pertanto tali filtri sono semmai consigliabili con reflex modificate, come ad es. quelle dotate di filtri Baader oppure full-spectrum.

L'uso di tutti questi filtri è consigliato, in ogni caso, con rapporti focali dall'f/4 in su, con diaframmi più aperti si incorre in distorsioni cromatiche.

Filtri IDAS LPS

Banda passante filtro Hutech IDASUna parola meritano anche i filtri IDAS prodotti dalla Hutech. I riscontri dati da numerosi astrofili sono entusiastici. Occorre anche dire che il prezzo dei filtri IDAS è notevolmente superiore a quelli presi in considerazione precedentemente (intorno ai 270 €). Come si può vedere dal grafico a sinistra, la banda passante è simile a quella dei filtri Astronomik ma più complessa, vi sono infatti alcuni ulteriori picchi stretti tra le varie bande di emissione dell'illuminazione artificiale. Questo dovrebbe consentire un maggiore passaggio della luce proveniente dalle stelle, continuando al contempo a filtrare le luci artificiali. Il produttore consiglia i filtri sia per le nebulose diffuse e planetarie che per ammassi stellari e galassie. Un punto di forza dei filtri IDAS è il mantenimento dei colori naturali che vengono invece distorti dagli altri filtri della concorrenza.

 

Dopo questa breve carrellata su filtri fotografici per l'astronomia, eccoci finalmente pronti ad affrontare l'inquinamento luminoso e a dedicarci all'astrofotografia deep-sky dalla terrazza di casa. Questo, a patto di tenere sempre presente che nessun filtro potrà mai sostituire un cielo buio.

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