Sabato, 30 Aprile 2016 20:49

Primi passi nella fotografia del profondo cielo: una foto di M3

Published in Astrofototografia

L'astrofotografia è sicuramente un campo di grande fascino nell'ambito fotografico. Questo settore specifico però richiede più che mai strumentazione e tecniche ad hoc per riprendere le meraviglie celesti. Se la ripresa delle costellazioni o della Luna risulta abbastanza basilare, la faccenda si complica di parecchio se si vogliono riprendere i cosiddetti oggetti del "profondo cielo" ovvero i deboli oggetti non stellari come nebulose, galassie e ammassi stellari. C'è da dire che a leggere numerosi forum o libri di astrofotografia, si viene investiti da una sorta di "terrorismo psicologico" (comune comunque a tutti i settori fotografici), in cui sembra saltar fuori l'opinione che se non si possiedono attrezzature stratosferiche e budget altissimi, non vale neanche la pena di tentare. Personalmente ho sempre dissentito da queste opinioni, almeno fino quando si parla di hobby: l'astrofotografia non è una gara dove si deve primeggiare sugli altri, è un divertimento, molto tecnico, ma comunque divertimento e ritengo che la soddisfazione non sia tanto quella di ottenere la migliore immagine del mondo, quanto quella di ottenere la migliore immagine possibile con la propria strumentazione. Certo, anche per questo c'è bisogno di tentare e ritentare e la curva di apprendimento a volte è parecchio ardua. Ma altrimenti, dove sarebbe il bello?

Ma qual è l'attrezzatura minima per cominciare a fotografare qualche facile oggetto del profondo cielo?

  1. Una fotocamera con modalità manuale.
  2. Un obiettivo con una focale sui 200-300 mm (in questo caso le fotocamere col sensore ridotto ci aiutano "regalandoci" un po' di focale extra).
  3. Una montatura con un motorino di inseguimento per compensare il movimento apparente della volta celeste o, in alternativa, un treppiede con un astroinseguitore.
  4. Un paio di software per l'elaborazione delle immagini: Deep Sky Stacker (gratuito) e un software di fotoritocco a nostra scelta.

Sul punto 3, in particolare, si può dire che si può cominciare anche senza inseguire con pose molto brevi e iso molto elevati. In questo caso però i risultati saranno veramente minimali (si può trovare qualche esempio nelle mie gallerie visto che per un po' per mancanza di budget mi sono dedicato a questa tecnica). Inoltre il rumore di fondo affliggerà inevitabilmente le nostre foto.

Questo articolo non ha la pretesa di essere un tutorial, semplicemente, pochi giorni fa, ho fatto un test di fotografia sull'ammasso globulare M3 ed ho pensato di riportare, in maniera molto libera, alcune impressioni e annotazioni. Nulla di nuovo per chi già pratico questo tipo di fotografia, mentre magari può esserci qualche dritta utile per chi pensa di cominciare.

Innanzitutto cos'è M3? Si tratta di un oggetto deep sky, per l'esattezza un ammasso globulare, ubicato nella costellazione boreale dei Cani da caccia. E' uno degli ammassi globulari più luminosi ed estesi. In molti pensano che per riprendere un ammasso globulare occorra necessariamente un telescopio e anche grande. Non è del tutto vero. Questi oggetti sono molto densi e per riprenderli nel pieno del loro splendore occorre un telescopio di grande diametro che permetta di risolvere anche le stelle all'interno del nucleo. Anche con una piccola focale è però già possibile immortalarne le caratteristiche salienti.

Oltre ad un'attrezzatura minima, c'è da dire che anche la location e la serata non erano proprio delle migliori. Le riprese sono state effettuate dal centro di una cittadina di medie dimensioni con parecchio inquinamento luminoso. Il cielo, inoltre era un po' velato. Pazienza, l'importante è divertirsi!

L'attrezzatura (o meglio il setup come si usa dire oggi) era composto da una fotocamera Canon Eos 70D, un teleobiettivo Sigma 70-300 Apo e una montatura motorizzata Skywatcher EQ5 Synscan. Non si è usata alcuna autoguida (e si vede anche perchè la foto risulta un po' mossa).

A differenza di quanto si faceva fino a 10-15 anni fa con la pellicola, quando era necessario effettuare un'unica lunghissima ripresa, oggi, le cose, per l'astrofotografo, si sono notevolmente semplificate. Si effettuano infatti una serie di riprese identiche che vengono poi "integrate" tra di loro, con un apposito software (es. Deep Sky Stacker), insieme ad una serie di pose tecniche (dark, flat, bias). Dopo un tempo di elaborazione variabile, dipendente dalla velocità del nostro computer, otterremo la tanta agognata immagine finale.

Una volta montata l'attrezzatura e una volta allineata la montatura motorizzata alla polare, la domanda da porsi è: che tempi e diaframmi impostiamo?

L'idea è quella di utilizzare il tempo massimo utile, magari cercando di non alzare troppo gli ISO visto che questi incrementeranno il rumore. Pertanto ho portato la focale del tele a 300 mm (focale equivalente 460 ca.), ho puntato una stella luminosa e ho ingrandito sullo schermo live view per metterla a fuoco (ma qui, a vedere l'immagine finale, avrei potuto essere più accorto visto che vi è una leggera sfocatura). Poi ho puntato l'oggetto desiderato (M3, in questo caso la montatura Synscan, sebbene non indispensabile, è una grande comodità). Infine ho effettuato alcune pose di prova di cui ho controllato subito l'istogramma fino ad ottenere una curva parecchio spostata verso sinistra ma che comunque no risultate del tutto sottoesposta da nessuna parte. In particolare, sotto un cielo cittadino, non hanno senso esposizioni troppo lunghe che satureranno il fondo cielo inquinato. E' risultato che la massima esposizione utile potesse essere di 20", chiudendo un pochino il diaframma (che non guasta, a f/6.3) e con appena 640 iso.

A questo punto occorreva decidere quante pose fare. I migliori risultati si ottengono con integrazioni di 30-60 o più minuti. Personalmente però non volevo poi oberare troppo il pc in fase di elaborazione per cui ho optato per 90 pose, equivalenti ad un'integrazione di 30 minuti. Inoltre ho scelto di fare 15 dark, 15 flat e 9 bias. Ho descritto in un post passato di cosa si tratta. Un intervallometro per programmare le foto risulta molto comodo (io uso un economico Phottix Nikos) ma non è indispensabile. Anzi, anche lo scatto flessibile non è indispensabile visto che si può utilizzare l'autoscatto ritardato per evitare le vibrazioni.

Quando alla fine della sequenza di foto si guardano i primi risultati, questi sembrano del tutto deludenti:

Singola ripresa non elaborata: Prendendo una foto a caso della sequenza effettuata, l'ammasso M3 si vede a malapena e il fondo cielo ha un brutto colore grigio marroncino. Ma qui comincia la seconda parte del lavoro. Apriamo Deep Sky Stacker e carichiamo le nostre immagini (meglio in raw), i dark, i flat e i bias. Impostiamo i parametri di combinazione (il software stesso ci consiglia) e lanciamo l'elaborazione che durerà abbastanza tempo.

 

 Immagine non elaborata

 

 

 

 

 

Stacking delle immagini: Siate sinceri, dopo aver sommato oltre 100 foto ci si aspetta qualcosa in più, non è vero? In realtà il bello deve ancora venire. L'immagine per quanto possibile sembra ancora peggio di prima: pochissime stelle visibili e M3 è un batuffolino quasi impercettibile. Lasciamo stare le regolazioni di Deep Sky Stacker e passiamo invece l'immagine su un software di fotoritocco. Personalmente uso una vecchia versione (CS6) di Photoshop ma ci sono anche altre possibilità, per esempio il gratuito Gimp.

 

 

 

 

 

Stretching: Su questo argomento si sono scritti libri e siti. Ognuno ha la sua tecnica e si migliora solo con tanto duro lavoro, e provando e riprovando con pazienza. Personalmente mi riprometto di ritornare sull'argomento su questo sito appena avrò più tempo ed esperienza da condividere. In sintesi l'operazione da fare sulla nostra foto si riassume con il termine "stretching", dobbiamo migliorare i contrasti, scurendo il fondo del cielo e incrementando la luminosità dei deboli dettagli che vogliamo esaltare. Solitamente si comincia utilizzando strumenti come i "livelli" o le "curve". Qui la nostra immagine comincia già a divenire più interessante e ci rendiamo conto che in realtà no tutto è perduto. Contemporaneamente a questa operazione saltano però fuori ulteriori problemi: dei bruttissimi gradienti (nel mio caso accentuati dall'inquinamento luminoso nella parte bassa), della luminosità irregolare (dovuta alla vignettatura dell'obiettivo), specie se abbiamo realizzato dei flat di cattiva qualità, il rumore di fondo che si amplifica tantissimo. Qui bisogna cominciare ad ingegnarsi. Per eliminare il gradiente esistono diverse tecniche manuali, descritte in siti di astrofili. In vendita, ad un prezzo abbastanza ridotto esistono anche gli utili Astro Tools, una serie di azioni per Photoshop oppure l'ottimo GradienXTerminator che è possibile testare gratuitamente. Per quanto riguarda la riduzione del rumore ogni software di fotoritocco ha i suoi strumenti basilari. Più evoluti sono software come Neat Image (ne esiste anche una versione gratuita che ha però delle limitazioni) oppure, da poco, è possibile scaricare gratuitamente la suite Google Nik Collection.

Per il resto il lavoro è molto simile a quello di un artigiano che deve andare a esaminare le varie aree della propria immagine, scurendo e schiarendo in maniera selettiva fino ad ottenere il risultato che maggiormente lo soddisfa.

 Immagine finale: alla fine scegliamo l'ingrandimento che più ci sembra adatto e croppiamo ovvero ritagliamo la porzione dell'immagine che ci pare maggiormente interessante ed ecco finalmente pronta la nostra immagine finale. Magari non sarà un capolavoro ma che soddisfazione. Appena finito viene subito voglia di scegliere un altro oggetto celeste per la prossima ripresa. Un ultima piccola nota, molto spesso per far risaltare meglio l'oggetto ripreso, un utile trucco è quello di smorzare le stelle di fondo campo. Anche per questo esiste una semplice tecnica descritta su numerosi siti.

Ammasso globulare M3

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