Sabato, 04 Febbraio 2023 17:08

La timpa Ddieri e il villaggio del Petraro

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Coppelle semisferiche al villaggio del Petraro presso VillasmundoAlle porte di Villasmundo (frazione di Melilli, in provincia di Siracusa), in un'area che oggi si affaccia per gran parte sulla zona industriale, si estende la contrada Petraro, attraversata dal corso del fiume Molinello che sbocca in mare nei pressi del porto di Augusta. Oggi l'area non presenta grandi attrattive turistiche (anzi, i viaggiatori per diletto raramente si trovano a passare in queste zone), un tempo però il luogo doveva essere incantevole: un altipiano tagliato da una parete a strapiombo che si affaccia su un corso d'acqua.

Sebbene oggi non vi siano indicazioni turistiche per trovare il luogo e le iniziative di valorizzazione siano effettuate in maniera occasionale solo ad opera di associazioni di volontariato locali, il Petraro rimane un'interessante area archeologica per studiosi e appassionati. Sulla sommità dell'altipiano vennero infatti individuati e studiati i resti di un abitato preistorico mentre nelle pareti calcaree fu realizzato nel medioevo un abitato rupestre. Il luogo, per quanto oggi poco visitato era in realtà già conosciuto e apprezzato dal viaggiatore e disegnatore Jean Houel che lo visitò nel XVIII secolo.

Il villaggio fortificato del Petraro

 Il villaggio del Petraro viene datato all'antica età del bronzo siciliana e alla cultura di Castelluccio (ca. 2200-1600 a.C.) sebbene gli archeologi abbiano individuato anche reperti riferibili ad un abitato preistorico di epoca neolitica, riconducibile alla cultura di Stentinello. I resti delle fortificazioni del Petraro visti da un droneI numerosi villaggi castellucciani, realizzati lungo la cuspide sudorientale della Sicilia, erano generalmente posizionati su alture arroccate e caratterizzati da piccole capanne a pianta circolare, realizzate in materiali deperibili come rami, argilla, canne e impostate su un basamento di pietra. In tanti siti sono state messe in luce le fondamenta di capanne similari, in primo luogo a Castelluccio (in territorio di Noto) e, appunto qui al Petraro, sebbene la totale assenza diserbo ne rende difficoltosa l'individuazione. Caratteristica peculiare del sito sono invece i resti di una fortificazione che, in aggiunta alla posizione, ci fanno intuire che l'epoca in cui si colloca la vita del villaggio era tutt'altro che sicura. Soltanto in un altro sito vicino (Thapsos) sono stati trovati resti di fortificazioni coeve ma non sono evidenti come quelli del villaggio del Petraro dove sia da terra ma ancor meglio dall'alto, con un drone, si nota la struttura arcuata della muraglia, intervallata dalla presenza di varie torri. Il muro probabilmente chiudeva una porzione dell'altipiano lasciando aperto il versante a strapiombo sul fiume. Sulle balze sommitali che vanno giù verso il corso del Molinello si colloca anche la necropoli di tombe a grotticella artificiale, scavate nella roccia, anch'essa caratteristica della cultura di Castelluccio. Sulle rocce calcaree che costellano il sito, in vari punti, si vedono ancora dei fori circolari che servivano a sostenere i pali delle capanne mentre in un punto, su un masso, sono state individuate diverse coppelle semisferiche in quello che alcuni ipotizzano essere stato un altare. Da questo sito provengono anche due peculiari ossi a globuli oggi esposti al museo archeologico "Paolo Orsi" di Siracusa.

L'abitato rupestre di Timpa Ddieri

Passaggi rupestri alla Timpa DdieriA tutt'altra epoca storica si riferisce invece l'abitato rupestre scavato nella roccia calcarea dell'altipiano. Il luogo è noto come "Timpa Ddieri". Il toponimo "timpa" sta a indicare una collina mentre la parola "ddieri" deriva dall'arabo e sembra volesse dire "casa". Queste strutture sono diffuse nelle cave (canyon) della Sicilia sudorientale, tra le province di Siracusa e Ragusa (ad esempio i ddieri di Baulì, Cavagrande o Cava dei Servi) e la loro datazione è incerta, collocandosi con ogni probabilità all'alto medioevo e alla presenza araba in Sicilia. Si trattava di veri e propri villaggi rupestri fortificati, distribuiti su numerosi ambienti e diversi livelli, collegati da pozzi, scalette e ponticelli. La visibilità dall'esterno era minima, la struttura risultava fortificata e difficilmente raggiungibile se non attraverso un solo accesso, spesso mimetizzato. Nel caso della Timpa Ddieri un unico stretto corridoio di accesso si diparte dal livello mediano e conduce ai vari ambienti. Il luogo fu già esplorato dall'archeologo Paolo Orsi nel 1902 ma, anche rispetto al secolo scorso, purtroppo, l'incuria e le frane hanno reso il luogo solo parzialmente accessibile. Ciò non toglie che è possibile esplorare diverse gallerie e ambienti, caratterizzati dal nerofumo sul soffitto e da pozzetti e scale scavate nella roccia per il collegamento.

Un'esplorazione archeo-fotografica può essere compiuta in mezza giornata. L'ausilio di un drone può essere utile per vedute spettacolari. A causa della pericolosità del sito si raccomanda di informarsi su eventuali divieti di accesso alla timpa ddieri e di munirsi in ogni caso di caschetto protettivo.

photo transp2Clicca per andare alla galleria fotografica dedicata al Villaggio del Petraro e alla Timpa Ddieri

 

 

 

 

 

 

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